STORIA DIMENTICATA DELLA "PICCOLA VENEZIA DI LAMBRATE".
Miralago.
Il Miralago era un lago artificiale attrezzato, aperto al pubblico dal 1928, ubicato nelle proprietà di una certa famiglia Ingegnoli, a Lambrate.
Come per altri “laghi”, il bacino d’acqua era una ex cava, situata nei pressi dell’attuale via Feltre, dove gli Ingegnoli insediarono, agli inizi del XX secolo, i loro vivai attorno alla Cascina Melghera. Dotato di bar, ristorante, birreria, canottaggio, campi da tennis, il Miralago era un centro di attrazione per tutti i milanesi, in cerca di gite, soprattutto nei mesi estivi, di svaghi e di luoghi organizzati dove praticare sport.
La presenza di cave era a Milano piuttosto diffusa, risultato di quel processo di urbanizzazione in corso nell’intera città tanto da spingere qualcuno a definire Milano “città di laghi”, fatti dagli “edili” più che dalla natura, mentre altrove si raccontava una cronaca dagli esiti tragici per i numerosi annegamenti in questi bacini di fortuna.
Restando a Lambrate, sul lato opposto di via Feltre sorgevano altri due laghetti, uniti negli anni trenta, denominati “Lago Parco”, con a fianco il luna park, successivamente inglobato nel Parco Lambro e che avevano molti ristorantini all'aperto.
Il Miralago ebbe il suo periodo d’oro nel primo dopoguerra, con numerosi frequentatori in cerca di ristoro negli ombrosi ristoranti, di incontri conviviali nel bar, di balli all’aria aperta, di spazi dove praticare sport, in primo luogo il canottaggio e il gioco del tennis, per i quali venivano anche organizzate apposite gare. Tutto il contorno era curato in ogni dettaglio, con addobbi floreali, naturalmente di provenienza famiglia Ingegnoli, vialetti, terrazzi, imbarcaderi, cigni e pesci ornamentali. (Nella terza foto immagine dei sontuosi giardini).
Vivace nei mesi estivi, durante l’inverno la località diventava più cupa, isolata e meno raccomandabile e agli inizi del 1940 divenne teatro di un misterioso delitto, vittima un imprenditore di Busto Arsizio, per il quale venne accusato il gestore di un ristorante, con una complicata vicenda giudiziaria, che si trascinò fino al secondo dopoguerra. Ancora più tragico l’utilizzo durante l’occupazione nazista, quando l’intera area venne requisita dai tedeschi e utilizzata per rastrellamenti ed esecuzioni di partigiani e oppositori. Tornato in auge per un certo periodo nel secondo dopoguerra, fu infine interrato negli anni sessanta, quando fu progettato e costruito il quartiere Feltre.
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